Le piaghe da decubito «dimenticate» dai servizi di assistenza a domicilio

In quattro casi su dieci le persone con lesioni non vengono seguite a casa dal Servizio sanitario nazionale e due pazienti su dieci non usano sistemi antidecubito che invece ci sono e portano a guarigione

Affliggono soprattutto persone allettate e non autosufficienti, per questo le lesioni cutanee da pressione (o ulcere da decubito) vanno trattate in assistenza domiciliare nella maggior parte dei casi. Spesso, però, non viene ancora garantito il diritto dei pazienti a ricevere le medicazioni e le cure necessarie a casa propria, come mette in evidenza il recente «Studio italiano lesioni da pressione» dell’Associazione italiana ulcere cutanee (Aiuc), che ha coinvolto 1.270 pazienti anziani. I risultati indicano che più di quattro pazienti su dieci non vengono seguiti dalla Asl: di questi, circa il 7 per cento paga di tasca propria un infermiere o medico privato per curarsi, gli altri, non potendo permetterselo, non ricevono nessuna assistenza qualificata.

  • Come si affrontano le piaghe da decubito
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Gestione affidata ai familiari

«Troppi pazienti con lesioni da pressione non sono intercettati dal sistema sanitario che, di fatto, delega la loro gestione ai familiari, eppure nella maggior parte dei casi si può guarire con cure appropriate — sottolinea il presidente di Aiuc, Francesco Petrella, referente per la formazione e indirizzo della Rete assistenziale di riparazione tessutale alla Asl Napoli 3 Sud — . I motivi? Probabilmente la Asl non accoglie la richiesta di attivare il servizio domiciliare perché non è grado di fornirlo, a volte capita che i pazienti e i loro familiari non lo richiedano perché non sanno che possono accedervi, anche se il medico di famiglia dovrebbe essere informato».

Personale infermieristico «esterno» alla Asl

Quando, invece, il servizio a domicilio è garantito dalla Asl, in più di sei casi su dieci è affidato a personale infermieristico esternalizzato. «Alcuni studi — riferisce Petrella — evidenziano che i pazienti con lesioni da pressione sono curati meglio da infermieri interni alla Asl che fanno parte di un’equipe stabile di professionisti, con protocolli definiti da seguire e con una formazione specifica sulle ulcere».

Materassi inadeguati

Lo studio rileva inoltre che quasi due pazienti su dieci non utilizzano nessun sistema antidecubito; tutti gli altri ne usufruiscono anche se, nella maggior parte dei casi, le Asl forniscono i tradizionali materassi antidecubito a gonfiaggio alternato. «Sono ancora poco usati i materassi a cessione di aria, inseriti nel nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica— fa notare ancora Petrella — . Costano di più ma rappresentano uno dei migliori presidi per la prevenzione delle lesioni da pressione e la gestione delle ulcere più gravi, di III e IV grado».

Medicazioni e apparecchiature

Va meglio per le medicazioni avanzate, necessarie soprattutto per trattare le lesioni da pressione più gravi: secondo l’indagine, l’83,9 per cento dei pazienti le riceve dalla Asl. Sono, invece, utilizzate solo nell’1,7 per cento dei casi le terapie a pressione negativa. «Si tratta di tecniche che consentono di ottenere più alte percentuali di guarigione in tempi ridotti — spiega il presidente di Aiuc —. Per motivi economici, non tutte le Asl sono dotate dell’apparecchio per la pressione topica negativa, tra l’altro utile anche in altri casi. Capita anche che un cittadino residente nella stessa città possa accedere o meno a queste terapie a seconda dell’Asl cui appartiene. Oltre alla disparità di trattamento dei pazienti — prosegue Petrella — , un altro dato preoccupante emerso dallo studio è la quasi totale assenza di supporto sociale per chi è affetto da lesioni da pressione: su 1.270 pazienti appena cinque possono contare sull’intervento dei servizi sociali del Comune.

Strategie assenti

«La famiglia tampona come può ma, in un Paese che invecchia e con nuclei familiari sempre più ridotti, — avverte il presidente Aiuc — il problema delle ulcere cutanee, che già oggi affligge due milioni di italiani, potrebbe esplodere in un futuro non molto lontano, se non si mettono subito in atto strategie per prevenirle».

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Fonte: Corriere.it